Archive for the month “June, 2015”

Serravalle letteratura 2015. una giornata con la narrativa veneta

Il Festival di Serravalle con il 2015 si rinnova ed apre a tanti eventi e performance diversi, dal teatro, alla musica al cinema all’enogastromia per finire con la letteratura e la narrativa. Il Festival si svilupperà in tre weekends a tema dal 25 giugno al 12 luglio 2015 nella splendida Serravalle di Vittorio Veneto  nella cornice del parco del Castrum.

festival di serravalle

domenica 5 luglio importante appuntamento con la narrativa veneta! Gli scrittori veneti Antonio Bortoluzzi, Matteo Righetto, Paolo Zardi (candidato al premio Strega),  Romolo Bugaro, Mauro Covacich (anche lui candidato al Premio Strega), Francesco Maino e Massimo Rizzante si confronteranno sulla realtà che ci circonda, sul Veneto che sta cambiando identità, sulla crisi socio-economica della nostra regione.

Ecco il programma della giornata:

– Ore 16:00 VISITA GUIDATA AL CASTELLO DI SERRAVALLE (INGRESSO GRATUITO)

– Ore 16: 30 L’UOMO DAL VAJONT ALL’APOCALISSE
Conversazione tra
Antonio G. Bortoluzzi, Paesi alti, Biblioteca dell’immagine, 2015
Matteo Righetto, La pelle dell’orso, Guanda, 2013
Paolo Zardi, XXI Secolo, Neo.,2015

Modera Arabella Bertola

– Ore 18:00 IL ROMANZO DAL VENETO ALL’EUROPA
Conversazione tra
Romolo Bugaro, Effetto domino, Einaudi, 2015
Mauro Covacich, La sposa, Bompiani, 2014
Francesco Maino, Cartongesso, Einaudi, 2014
Massimo Rizzante,
Professore di Letteratura Italiana Contemporanea presso l’Università di Trento, dove dal 2006 dirige il Seminario Internazionale sul Romanzo (SIR).

Modera Alessandro Cinquegrani (Ca’ Foscari Venezia)

A seguire il pubblico sarà invitato a un aperitivo con gli autori.

Per maggiori info sugli altri eventi:http://www.marcadoc.com/festival-di-serravalle-2015-a-vittorio-veneto-dal-25-giugno-al-12-luglio/

Corso di scrittura creativa

La scrittura è un’arte e, in quanto tale, richiede non solo talento ma anche tecnica ed esercizio. Il Laboratorio Permanente Lettera 22 ti offre un percorso formativo completo, con obbiettivi come:
Padroneggiare le tecniche più efficaci di scrittura
Costruire un testo di media lunghezza
Saper affrontare serenamente lo sblocco della creatività.
corsi di scrittura creativa
Per maggiori informazioni: http://fantalica.it/default.asp?content=1,632,0,0,0,CORSO_DI_SCRITTURA_CREATIVA_I_livello,00.html

Il nuovo romanzo di Laura Liberale è già in libreria!

con gioia e orgoglio comunichiamo a tutti i soci che da venerdì 26 giugno è in libreria il nuovo romanzo della nostra insegnante Laura Liberale!

Si tratta di un romanzo di 158 pagine pubblicato da Meridiano Zero.

ISBN 9788882373283

nuovo romanzo laura liberale

Un addetto alle pubbliche relazioni fresco di licenziamento si reinventa come psicodrammatista sui generis. Mette in piedi un gruppo formato da quattro individui accomunati da una mancata elaborazione del lutto e prontamente ribattezzati: la Gotica, il Sopravvissuto, la Maliarda, la Vulnerata. La Gotica è una cinica diciassettenne dark che odia i vicini di appartamento. Il Sopravvissuto un anziano che continua a fare i conti con lo spettro del fratello morto alla nascita e col suicidio materno. La Maliarda deve affrontare la dipartita prematura del figlio poeta. La Vulnerata è alle prese con un lutto da abbandono amoroso. Tra pseudo-terapia interna nello scantinato di una fiorente impresa di onoranze funebri, comparsate esterne in cimiteri di provincia e laghetti di pesca sportiva in cui vedere annegare spregevoli etilisti, tra messinscene amorose del passato e corsi di astrologia e di riequilibrio energetico, il gruppo affronterà, con esiti fra il drammatico e il grottesco, scheletri familiari e personali, conflitti antichi e nuovi in un insolito scenario di preficazione 2.0.

Ricordiamo che Laura ha pubblicato:

Tanatoparty, Meridano zero 2011

Ballabile terreo, 2011, Edizioni D’If

Madreferro, 2012, Perdisa Pop

Promozione estate 2015

A partire dal 24 giugno fino al 24 luglio sarà possibile iscriversi a tutti i corsi in partenza a ottobre    2015, avendo diritto ad uno sconto di 20€ sul costo del corso prescelto.
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Affrettatevi a iscrivervi, i corsi sono a numero chiuso!

DOV’E’ IL TUO SEGNALIBRO? “Dove il vento grida più forte”

PER LA NUOVA RUBRICA FANTALICA

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“DOV’E’ IL TUO SEGNALIBRO?”

 ARISTIDE CAPUZZO
socio fantalica,
ci invia un estratto da

“DOVE IL VENTO GRIDA PIÙ FORTE”
di Robert Peroni

Segue il brillante
commento del socio, da cui
“Gli inuit credono che nell’odore delle persone ci sia la loro anima e per questo si annusano.”

dove il vento grida più forte

 

Con una mano stringo la leva dell’acceleratore e con l’altra il timone. Guardo verso la foca, non si muove. Pavia si prepara a sparare, solleva l’arma e prende la mira. Siamo ancora un po’ troppo lontani e, di nuovo a gesti, senza dire una parola, Pavia mi fa segno di andare a destra, poi un po’ a sinistra e infine rallentare. Eseguo, obbediente. Lui è teso, pronto: in questo momento è un professionista che sta facendo il proprio lavoro.

Non parliamo, cerchiamo di fare il più piano possibile, ma la foca ha i sensi molto sviluppati, si accorge di noi e scappa. Ha avvertito il pericolo. La seguiamo per una buona mezz’ora, lei si sposta, sparisce, poi ricompare. Non perdiamo il contatto visivo se non per pochi secondi.

Sono stufo. Ho fame, freddo e continua a piovere. In questi anni groenlandesi ho imparato che non ci si deve lamentare, ma dentro di me vorrei essere ovunque tranne che su questa barca. Smetto di guardarmi in giro, il cielo è plumbeo e con la pioggia non si vede niente. Mi limito a osservare le dita di Pavia, che mi dicono cosa fare e la direzione da prendere. Non voglio scontentare il mio amico, però mi sembra una situazione un po’ balorda.

In cuor mio mi auguro che Pavia si rassegni e mi dica che lasciamo perdere. Dai, buttati in mare e salvati, penso guardando la foca. Ma mi ignora: forse è stanca quanto me e sembra decisa a consegnarsi al suo carnefice. Il mio amico mi indica un’ultima volta dove andare, do un piccolo colpo a destra con il timone e siamo finalmente a tiro. E’ un attimo: carica, punta e improvvisamente do un leggero strappo di acceleratore. Non so quantificarne con esattezza la forza, ma è sufficiente a spostare di quel tanto il bersaglio perché Pavia rinunci a sparare e la foca riesca a nascondersi fuori della nostra portata. Non sono sicuro di avere accelerato intenzionalmente, ma so di avere pensato: Povera foca. Poco più di un istinto.

Pavia non fa una piega, non mi guarda male, si comporta come se fossi stato correttamente al suo fianco. La foca è scappata, punto.

(…)

Pavia si alza, va a prendere qualcosa nella tenda e torna con un piatto pieno di lische di pesce completamente spolpate, appena un’ombra di carne qua e là. Ce le passiamo, succhiando e ripulendo ognuno la propria. I bambini si divertono a infilare le piccole dita tra le spine, fanno a gara a chi riesce a staccare il pezzo di carne più grande.

-Guarda!- esclama il vincitore, che mi mostra esultante un brandello di mezzo centimetro.

(…)

Mi infilo nel sacco a pelo, do un’ultima occhiata al fiordo, mi copro bene e, sentendomi un criminale, faccio quello a cui ho pensato incessantemente nelle ultime ore. Mi guardo intorno, controllo che nessuno mi veda e infilo la mano in tasca. La barretta di cioccolato è lì dove l’ho messa la mattina, una vecchia abitudine da montanaro. Apro di nascosto la confezione, sperando di non essere scoperto. Ho una fame pazzesca, la porto alla bocca, vorrei divorarla ma l’assaporo lentamente, senza fare rumore, vergognandomi per non averla divisa con gli altri. Tutti hanno fame, forse anche più di me. Nella tenda ci sono almeno dieci bambini e io non ho alcuna pietà.

Ma poche ore prima ho fatto qualcosa di ancora più grave: avremmo potuto catturare quella foca e sfamare la famiglia. Io, uomo bianco civilizzato che so e capisco tutto, che ho una testa da uomo bianco, in verità non ho capito niente.

Questo è uno dei passaggi che più mi sono piaciuti del libro di Peroni. Forse perché la sensazione di essere l’uomo bianco che in verità non ha capito niente torna spesso quando mi trovo a sfogliare un quotidiano, ad assistere a un battibecco, a mandare a fanculo qualcuno quando mi taglia la strada mentre sono in bicicletta.

Sicuramente apprezzo molto le storie di uomini avventati che abbandonano la loro vita per costruirsene un’altra lontano da quella che è stata la loro casa per anni, che affrontano tutte le difficoltà che una scelta del genere comporta: lo spettro della fuga dalle responsabilità che inevitabilmente attanaglia la coscienza, l’incomprensione delle persone vicine, una nuova società in cui essere accettati… Tuttavia crescendo ho capito che per ogni persona che fugge, ce n’è un’altra che resta. Chi dei due sia il più temerario non saprei dirlo.

Però nel libro di Peroni c’è qualcosa di più di una semplice fuga. È la storia di un uomo che dopo una prima spedizione in Groenlandia s’innamora del posto e delle persone a tal punto da dover tornare sempre più spesso, fino a stabilirvisi completamente. È la storia di un uomo bianco che viene accettato dagli inuit (loro temono l’uomo bianco) perché non li giudica, perché non si presenta come un colonizzatore che costruisce hotel, porta turisti, soldi e alcol, che devasterebbero in poco tempo il loro spirito, ma perché si presenta come un uomo che ha trovato un’altra strada da percorrere.

Ed è facile capire perché l’abbia trovata negli inuit, in un popolo che vive alla giornata, che si saluta annusandosi, che nel suo vocabolario non ha parole come futuro e rispetto, non perché non sanno cosa siano, semplicemente perché non ne hanno mai avuto bisogno. È difficile da capire, lo so.

Gli inuit credono che nell’odore delle persone ci sia la loro anima e per questo si annusano. Al di là delle credenze, ho provato a mettere della razionalità da uomo bianco in questa particolarità e mi sono detto: siamo animali e gli odori fanno parte del nostro istinto naturale, non c’è nulla di strano in questo. Anzi, la stranezza sta nello spruzzarsi un deodorante che nasconde il nostro odore agli altri. E questa mattina mi sono domandato di nuovo, mentre mi spalmavo le ascelle di deodorante, se da uomo bianco anch’io in verità non ho capito niente.

Lassù c’è la dimostrazione di come i popoli possano vivere in pace senza sentire le necessità indotte da cui tutti gli uomini bianchi sono ormai dipendenti. Gli inuit cacciano perché hanno fame, si vestono perché hanno freddo, costruiscono la casa per ripararsi, punto. Tutto qui. E non c’è da stupirsi, anche noi siamo così. Lavoriamo per mangiare, per comprare i vestiti, per comprare una casa, punto. La differenza sta nell’animo. Com’è scritto nell’estratto, non ci si deve lamentare. E se non si lamenta chi vive a trenta gradi sotto zero e che mangia a giorni alterni, perché noi lo facciamo? Negli anni abbiamo perso la strada e lo spirito.

Forse per ritrovarli dovremmo smettere di usare i deodoranti e iniziare ad annusarci.

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